Economia della felicità, della crescita, dello sviluppo, del capitale sociale, dei beni relazionali, dell’ambiente, del lavoro, delle istituzioni
Le domande che motivano le mie ricerche
Noi occidentali viviamo in paesi ricchi. Questo ci ha permesso di risolvere molti problemi e di raggiungere una serie di risultati importantissimi: il miglioramento degli standards educativi, igienici e sanitari, il progresso tecnologico, il crollo della mortalità infantile, l’aumento della speranza di vita, dell’accesso ai beni di consumo, la liberazione dalla povertà di massa, ecc..
Nonostante questo, molte cose non migliorano affatto o stanno peggiorando. Innanzitutto un malessere diffuso sembra pervadere le nostre società. Nonostante tutti gli importanti risultati di cui sopra, la gente non sembra sentirsi meglio. Ci sono molti segni di insoddisfazione diffusa, disagio psicologico, malessere.
Inoltre sembra esserci una tendenza all’aumento della “povertà relazionale”, cioè una tendenza al deterioramento delle relazioni tra gli individui, all’aumento della solitudine, delle difficoltà comunicative, della paura, del senso di isolamento, della diffidenza, della instabilità delle famiglie, delle fratture generazionali, dell’impegno civico, della partecipazione alle reti sociali, una diminuzione della solidarietà e della onestà.
Per giunta il nostro ambiente naturale è seriamente minacciato. Mentre il nostro presente è popolato di crisi ecologiche globali e locali, il futuro annuncia tempeste devastanti.
In sostanza siamo di fronte a tre crisi della sostenibilità. La strada che abbiamo intrapreso sembra cioè insostenibile sotto almeno tre profili: quello del benessere, quello relazionale, e quello ambientale.
C’è inoltre una quarta crisi in corso, quella del tempo. La promessa della prosperità economica di liberarci dalla fatica del lavoro sembra in gran parte essere stata tradita. Il lavoro continua ad assorbire gran parte delle energie vitali delle persone e l’esperienza lavorativa degli occidentali viene spesso descritta da parole come stress, pressione, fatica, fretta, ecc..
La mia ricerca gira da sempre intorno ad alcune domande. Perchè molti di noi sembrano essere così insoddisfatti nonostante si viva in società con molti tratti desiderabili? E perchè le nostre relazioni sociali ed interpersonali sembrano conoscere crescenti difficoltà? Società economicamente prospere sono destinate ineluttabilmente a minacciare gli ecosistemi locali e quello planetario? E perchè lavoriamo così tanto e così intensamente in società ormai ricche? Non potremmo permetterci di ridurre il peso che il lavoro esercita sulle nostre vite? In che modo le crisi del benessere, delle relazioni, dell’ambiente naturale e del tempo sono connesse? Qual è il ruolo del sistema economico nel promuoverle? E soprattutto: esiste un’altra strada? E’ possibile coniugare la prosperità economica con una società più umana, più felice, meno frettolosa, meno pericolosa per l’ambiente naturale? E se un’altra strada esiste, in che misura essa è percorribile dai paesi poveri? Cioè in che modo tali paesi possono progredire economicamente senza generare le crisi di cui sopra? Questi sono le domande intorno alle quali si è sviluppata quasi tutta la mia attività scientifica, seguendo due binari: la ricerca teorica e quella empirica.
Negli ultimi anni queste domande sono diventate di grande attualità. Intorno ad esse si è sviluppato un vasto dibattito ed una intensa attività che ha coinvolto tutte le scienze sociali. Credo che questa mole di contributi cominci a delineare chiaramente delle risposte. Esse ci dicono che un’altra strada esiste. Ho pensato quindi che fosse arrivato il momento di raccogliere queste risposte, mie e di altri, in un libro e che questo dovesse avere un taglio divulgativo, data la grande importanza politica che queste risposte hanno. Esse infatti possono condurre ad una radicale riforma delle agende politiche.
Questo libro si chiama “Manifesto per la felicità: come passare dalla società del ben-avere a quella del ben-essere” ed è uscito nel 2010 con Donzelli.